I mutui casa a tasso fisso continuano ad essere fortemente preferiti rispetto agli equivalenti a tasso variabile, e il recente rialzo dei tassi medi applicati sul mercato italiano non sembra aver pregiudicato il maggiore appeal che il tasso certo e invariabile può garantire nei confronti della clientela che sceglie di indebitarsi con tale forma tecnica di costo del denaro. Facile, d’altronde, intuirne i motivi: i tassi ancora su livelli minimi recenti permettono di “congelare” il proprio debito su interessi di grande convenienza, soprattutto quando i tassi di mercato riprenderanno la loro rincorsa al rialzo. Il tutto, peraltro, nonostante il mutuo a tasso variabile rimanga di oltre 100 punti base più basso rispetto al mutuo a tasso fisso.
Tassi variabili, offerte sotto l’1%
Attualmente sul mercato bancario italiano non è raro imbattersi in proposte commerciali di mutui a tassi variabili inferiori all’1%. Certo, per poter ottenere un simile beneficio occorre limitarsi a un LTV non superiore al 50%, e occorre rifondere un discreto impegno nel destreggiarsi tra le varie offerte bancarie, ma non è certo arduo chiudere gli accordi con il proprio istituto di credito con tassi intorno all’1% o, per LTV più alti, intorno all’1,3-1,5%.
Tassi fissi, la sicurezza “costa”
Discorso diverso per i mutui a tasso di interesse fisso. In questo caso, pur trattandosi comunque di condizioni di sostanziale favore rispetto a quanto non avvenisse in un passato non troppo lontano, un finanziamento con LTV del 50% a 20 anni difficilmente scenderà sotto 2-2,1%, mentre nel caso in cui si opti per un LTV dell’80%, i tassi punteranno con maggiore vigore verso il 2,5%.
Insomma, a un rapido confronto, la distanza tra i tassi variabili e i tassi fissi supera più spesso che volentieri i 100 punti base, fornendo a chi si indebita a tasso variabile la possibilità di potersi ritenere comunque al riparo (almeno, sotto il profilo della convenienza economica) da repentini e marginali rincari del costo del denaro. Una valutazione che sembra essere ancora più incoraggiante nel momento in cui si ritiene (a ragione) che i parametri di riferimento per i tassi variabili applicati alla clientela (tasso BCE e Euribor) difficilmente riprenderanno a correre in modo significativo prima di 12-24 mesi.
In altri termini, chi oggi stipula un mutuo a tasso variabile ha davanti a se anni di maggiore convenienza rispetto a chi si indebita a tasso fisso. Eppure, la domanda di mercato preferisce il fisso: una scelta che nasce per potersi tutelare sul lungo termine (d’altronde, chi sottoscrive un mutuo casa difficilmente si indebita per 5-10 anni, ma si spinge più frequentemente su 20-30 anni), dimenticandosi così della necessità di dover monitorare attentamente quel che accade sui mercati finanziari, al fine di cogliere il giusto momento per surrogare (è evidente che chi si indebita a tasso fisso su tali livelli, difficilmente avrà in futuro la convenienza a una surroga). Un piccolo sacrificio presente, dunque, per un migliore vantaggio (anche in termini di programmazione finanziaria) protratto nel tempo.