L’OMI – Osservatorio del mercato immobiliare italiano (Agenzia delle Entrate) ha appena pubblicato le sue nuove statistiche catastali, con dati aggiornati alla fine del 2018. Un dossier che, come ogni anno, scatta una fotografia puntuale sullo stock immobiliare e sulle rendite catastali che ne derivano, e che ci permette di comprendere che cosa è avvenuto nell’arco dell’anno solare.
Lo stock immobiliare complessivo
Andando con ordine, e cercando di riportare sinteticamente i dati di maggiore rilievo, evidenziamo innanzitutto come lo stock immobiliare censito negli archivi catastali italiani sia di quasi 75,5 milioni di immobili o porzioni di immobili, di cui 65 milioni censite nelle categorie catastali ordinarie e speciali, 3,5 milioni censite nelle categorie del gruppo F e poco più di 6,5 milioni in qualità di beni comuni non censibili, cioè di proprietà comune, e che non producono reddito, o unità ancora in lavorazione.
Degli immobili che producono reddito, circa il 55% è censita nel gruppo A, mentre oltre il 40% è censita nel gruppo C, dove sono presenti immobili commerciali e pertinenze delle abitazioni. La restante parte dello stock viene invece suddivisa tra immobili censiti nei gruppi a destinazione speciale, particolare e d’uso collettivo. Su base annua, lo stock immobiliare è cresciuto dello 0,6%, ovvero circa 400 mila unità in più rispetto al 2017.
Le rendite catastali
La rendita catastale che viene attribuita allo stock immobiliare che sopra abbiamo contribuito a sintetizzare ammonta nel 2018 a circa 37,5 miliardi di euro, di cui oltre il 60% relativo a immobili di proprietà delle persone fisiche (più di 22,8 miliardi di euro) e la restante parte (più di 14,5 miliardi di euro) a persone non fisiche. Quasi trascurabile, poiché pari allo 0,1% del totale, la rendita attribuita ai beni comuni censibili. Rispetto al 2017, la rendita catastale risulta essere cresciuta dello 0,5%.
Per quanto attiene la distribuzione della rendita catastale secondo la tipologia di intestatari per i diversi gruppi di immobili, circa 17 miliardi sono riconducibili agli immobili del gruppo A (tranne A/10), in aumento dello 0,5% su base annua, mentre 10,5 miliardi sono riconducibili agli immobili del gruppo D, anch’essi in aumento dello 0,5%.
Lo stock immobiliare a destinazione residenziale
Soffermandoci in maniera più attenta sul solo stock immobiliare a destinazione residenziale, rileviamo come le unità immobiliari che sono censite nel le categorie catastali del gruppo A (dalla A/1 alla A/11 con eccezione della A/10), sono ad uso abitativo, e risultano essere pari a circa 35 milioni, in aumento di 92 mila unità rispetto al 2017.
Ad essere aumentate in maniera più o meno vivace sono le categorie A/2 (abitazioni civili), A/3 (abitazioni di tipo economico), A/7 (villini), A/11 (abitazioni e alloggi tipici dei luoghi), con tassi superiori all’1% su base annua. Di contro, sono diminuite le abitazioni signorili (A/1), le abitazioni popolari (A/4), le ville (A/8) e i castelli e i palazzi di pregio (A/9), pur con tassi più contenuti rispetto al passo indietro del 2,6% da parte delle abitazioni di tipo ultrapopolare (A/5) e del 3,2% delle abitazioni di tipo rurale (A/6).